Il Mondo Fuori.

Era tutto e niente, calma all'apparenza, ma era dentro tempesta minacciosa, vuota che l'eco era l'unica cosa a riempire le profondità di quel lago misterioso e cupo. 


Così scorreva il suo tempo, silente come nei giorni di neve e gelo, paralizzata in un'epoca che non sentiva sua, nessun senso di appartenenza, nessun conforto, ma lei trovava comunque riparo dentro il suo mondo accogliente ma severo, fatato ma inquietante, che tutto voleva cambiare e stravolgere, poiché ben poche cose apparivano sensate ai suoi occhi. 


A volte, si sentiva come se riuscisse a staccarsi dal corpo per vedere al di là dei suoi occhi, una visuale che tutto rallenta e blocca, tutto tranne gli altri che sembrano volare via insieme ai secondi delle lancette, sfrecciavano i corpi davanti ai suoi occhi, e con loro, anche la speranza di una mano a tenere la sua. 


Caos e dolore, sogni e ambizioni, l'immensità in una miniatura troppo piccola per contenere ogni dettaglio, una grandezza perfetta per essere ignorata, poiché priva di utilità per gli altri che erano giganti.


Così, piccina si fece per prendere parte a quel mondo in miniatura e, facendosi umile, vide improvvisamente la vera grandezza di ogni piccola cosa. Ci prese confidenza, divenne la complessa analisi di sé, desiderosa di bellezza, quella vera, pulire e disinfettare ogni angolo sporco per vedere la luce. 


E aveva tanta sete di pace, ordine e silenzio, poiché aveva vissuto tra le urla che continuavano a rimbombare nella sua testa, come una tortura eterna senza via di fuga ed, ogni notte, tremava al solo pensiero di risvegliarsi ancora una volta all'inferno. 


Era solita inciampare, ingenua e pura in un mondo ancora sconosciuto, immatura per affrontare la vita e troppo fragile per reggere quello scudo tutto ammaccato e che era stato forgiato dal suo peggior nemico, colui che in realtà avrebbe dovuto essere il suo protettore, che le avrebbe insegnato a spiccare il volo... Fu lui a spezzare le sue ali ancora troppo piccole. 

Amava l'arte e la pittura, avrebbe potuto trascorrere le sue intere giornate a creare, in quel suo stato d'ipnosi che la portava fuori dal mondo, esattamente dove voleva andare, via! Come fumo che leggero si dissolve nell'aria e che resta visibile ancora agli occhi di chi la circonda, come una nebbia gentile che nulla vuol coprire.

Imparava a copiare per poi fare realismo, poiché ancora troppo giovane per cimentarsi nel mondo astratto, che si sentiva, ma che non aveva ancora i mezzi per rappresentarlo, una parte di sé ancora assopita ma che era pronta ad esplodere da un momento all'altro, non appena varcata la soglia tra realtà e immaginazione.

Se lo portava dentro quel mondo fatto di salvezza per lei, era il suo rifugio durante la tempesta, un bellissimo dono di famiglia, poiché anche suo nonno era un pittore follemente innamorato della natura. Quel nonno che purtroppo perse troppo presto ma che amava tanto e dopo aver sentito più e più volte i racconti su di lui, dopo aver visto i suoi paesaggi ricchi d'amore, divenne inevitabile portarlo dentro il cuore per sempre.

Disegnare era l'unica cosa che sapeva fare bene, almeno per quella giovane età, fantasticare era per lei facile come bere un bicchiere d'acqua, così lo faceva spesso, sognava ad occhi aperti qualunque cosa, la sua miglior fantasia? Quella di avere una vita felice. Era capace di trasformare quella casa in una reggia per bambole, in un bosco meraviglioso, così, l'acqua che entrava durante la pioggia non faceva più così male, era lì come rugiada a dissetare l'ambiente per renderlo ancora più bello. 



Profondità, acquarello su carta


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